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Ott

8

2019

Seac Sub riporta in house lo stampaggio delle plastiche

L’azienda, leader nella subacquea, cresce e investe

Una nuova struttura di stampaggio delle plastiche che compongono pinne e mascheroni da snorkeling, fino ad oggi prodotte in Cina: la Seac Sub, fondata nel 1971 da Marco Arata e Attilio Rapallini a San Colombano Certenoli dove ha sempre mantenuto la sede centrale, ha investito oltre un milione di euro per acquistare sei nuovi macchinari di stampaggio ed eseguire i lavori di adeguamento del capannone di 4000 metri quadri in cui, fino a ieri, avveniva l’assemblaggio dei fucili. La novità accresce la componente made in Italy – e made in San Colombano – della Seac, azienda leader nel settore della subacquea, che rifornisce capillarmente dal diving fino al vasto mondo delle attività di snorkeling, nuoto, apnea, pesca subacquea.

«Il nuovo reparto dedicato allo stampaggio plastico rappresenta un progetto innovativo e ambizioso, che testimonia la continua crescita dell’azienda e la volontà di puntare verso un mercato che premia la qualità – spiega il presidente Daniele Arata – Stampare internamente le componenti plastiche, dalle scarpette per le pinne in policarbonato ai granfacciali, ci permetterà di curare ancora di più la qualità del prodotto e di ottimizzare i tempi. Anche grazie alla nuova squadra di tecnici che abbiamo inserito in azienda».

Sette assunzioni – che alzano a 43 il numero dei dipendenti, di cui tre nella sede di Miami – e un investimento importante non sono però bastati a sbloccare la burocrazia: «Abbiamo ricevuto pareri positivi da tutti gli enti, ora stiamo aspettando l’autorizzazione ambientale unica poi, finalmente, saremo pronti a partire – spiega Arata, che non ha ricevuto alcun finanziamento o sostegno per la sua scelta di riportare in Italia la produzione – Anche far arrivare la fibra ottica è stato complicato. Paghiamo un maxi canone e avevo chiesto al Comune di provvedere almeno ai lavori, ma non è stato possibile».

Padre (fondatore dell’azienda) di Orero, mamma di Cicagna, Daniele Arata è orgogliosamente ligure e rifiuta l’ipotesi di trasferire altrove la sede della sua azienda, nonostante le difficoltà: «Miami è la città più bella del mondo, dopo Chiavari. In passato abbiamo aderito ai bandi Filse, oggi invece per le imprese che investono non ci sono incentivi. Eppure portiamo all’estero il nome di San Colombano». Tra il capoluogo ligure e il Tigullio si concentra un vero e proprio distretto della subacquea che, oltre a Seac, vanta aziende leader come Mares (Rapallo), Salvimar (Casarza Ligure), Cressi e Technisub (Genova).In questi giorni viene dato alle stampe il catalogo 2020, con una nuova linea nuoto e free diving su cui Seac vuole puntare, e alcuni prodotti dalla tecnologia innovativa: in ambito scuba, arriva il computer da polso “Action”, orologio in due versioni che consente di controllare tutte le informazioni preziose durante un’immersione. Nel dipartimento ricerca e sviluppo, sezione tessile, è nato invece il jacket da diving leggero e smontabile, disegnato e cucito artigianalmente così come le mute in neoprene stretch, anche nelle versioni camouflage: «Lo snorkeling è cresciuto molto, soprattutto dall’arrivo delle maschere granfacciali che hanno avvicinato nuovi target e fasce d’età – spiega Omar Scialpi, responsabile marketing dell’azienda – Tra gli amatori, è in aumento anche l’apnea grazie al successo dei corsi in piscina».

Seac Sub spa ha chiuso il bilancio al primo ottobre con una crescita di fatturato, rispetto all’anno precedente, del cinque per cento per quanto riguarda il mercato italiano e del dieci per cento per il mercato estero. Il fatturato complessivo del gruppo è di 15 milioni di euro. Il recente investimento per l’acquisto di sei macchinari di stampaggio plastico ha comportato una spesa di oltre un milione di euro. Nella sede di San Colombano, l’azienda ha un reparto di ricerca e sviluppo e realizza internamente i fucili per la pesca subacquea e gli erogatori delle bombole per immersioni, che vengono testati e collaudati con le più avanzate apparecchiature.

Fonte: Articolo di Eloisa Moretti Clementi, Il Secolo XIX

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