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Ma la paura sott’acqua... serve?

di Marcello Polacchini
Sono sempre stato appassionato dell'aspetto psicologico delle immersioni subacquee e, navigando nel Web, ho letto da qualche parte che la paura sott'acqua può aiutare il subacqueo ad immergersi (...ovviamente se è nella giusta quantità). Però, in letteratura, c’è anche chi sostiene che la paura è pericolosa e controproducente per le immersioni subacquee. E allora mi sono domandato se la paura sott’acqua gioca solo un ruolo negativo e pericoloso, oppure se effettivamente può servire a tutelare la persona aumentando la sua sicurezza in immersione.

Nel maggio del 2006 ho sfiorato per la prima volta un incidente subacqueo, ma questo mi ha fatto capire che sott'acqua io non ho paura. Del resto, come potrei aver paura? Quando m'immergo faccio un’attività che mi piace immensamente e mi da un senso di benessere e di felicità: non posso avere paura! Quella volta, per pochi lunghissimi secondi io non ho avuto paura, ma... ero nel panico totale. Il panico è una sensazione o stato psicologico che è ben diverso dalla paura. Infatti il panico difficilmente si riesce a controllare: ci vuole ben altro che l’allenamento! In ogni caso, l'esperienza di aver provato il panico mi ha aiutato ad essere più cosciente quando mi immergo.

Cerchiamo di andare per ordine. Io non ho mai mancato di rispetto al mare. Lo conosco troppo bene il mare! Ho navigato in barca a vela per una ventina di anni e qualche volta, lo confesso, ho anche avuto paura andando per mare. Soltanto chi si è trovato in mare aperto con una barca di una decina di metri, con onde alte parecchi metri e vento molto forte sa di che cosa sto parlando... Ma, nonostante gli spaventi provati in certe situazioni, non ho mai smesso di andare in barca a fare le mie regate d’altura, fino a quando, per motivi di lavoro, ho dovuto smettere. Certe volte, durante la navigazione, sono arrivato persino a dirmi: "Se arrivo a terra, giuro che non salgo mai più in barca!" Ma è stata la classica promessa da marinaio. Dopo quelle volte sono sempre ritornato in mare e ho preso delle burrasche ancora peggiori...

Paura in immersione Sott’acqua, invece, non sono mai arrivato al punto di dire "Basta!". Forse perché ho sfiorato l’incidente in età ormai più matura e con un maggiore autocontrollo, o, forse, perché in barca a vela con il mare grosso la paura non dura solo pochi secondi o pochi minuti, ma continua per ore intere, perciò devi abituarti a conviverci e a dominarla, se vuoi tornare salvo in porto. Sott'acqua invece, tutto si consuma in pochi attimi, che sembrano non finire mai.
Dopo anni di immersioni, posso affermate che andando sott’acqua ho acquisito una maggiore consapevolezza di me stesso e dei miei limiti. Ho analizzato lucidamente gli sbagli che inevitabilmente ho commesso nel corso di questi anni e penso (spero...) di avere imparato qualcosa dalle esperienze negative fatte e di non ricascarci più.

Quindi, tornando alla domanda iniziale, io non credo che la paura aiuti più di tanto sott'acqua. Certamente la paura alza la soglia di attenzione del subacqueo, ma secondo me non è necessario avere paura per andare meglio sott'acqua.
Invece, la consapevolezza dei propri limiti aiuta moltissimo, così come aiuta il "conoscersi" a fondo e il saper immaginare/prevedere le proprie reazioni in situazioni di ansia e di stress.
Ora, sappiamo che, con un certo allenamento mentale, l'ansia si può anche dominare; la paura, invece, temo proprio di no: durante un'immersione, se capita un imprevisto tu cacci giù la tua paura, ma lei è pronta a riaffiorare quando meno te lo aspetti, magari quando un principio di narcosi ti rende più vulnerabile.
Un consiglio dovuto alla mia esperienza: se hai davvero paura smetti di "giocare" ad immergerti, altrimenti il gioco può diventare davvero pericoloso! Andare sott’acqua per me è, e deve rimanere, una cosa assolutamente piacevole. Non è certo una sfida e meno che meno una sfida con me stesso. Chi considera la subacquea una sfida, secondo me, è uno sciocco e rischia veramente molto.
Questo è quello che penso. Sono delle idee un po' confuse, forse, ma "tirarle fuori" a volte aiuta a capire.

Ora, per andare un po’ più a fondo della questione, bisognerebbe, prima di tutto, definire che cos'è la paura, i suoi gradi, i suoi processi fisiologici e, poi, commentare ognuno di questi elementi in funzione della subacquea. Mi spiego meglio. Nella definizione di "paura" ci si può riferire al semplice timore o all’ansia, ma anche il terrore e il panico rientrano nella categoria "paura". Il timore può anche aiutare il subacqueo perché lo mantiene lucido, genera attenzione e gli fa valutare in modo obiettivo le situazioni. Il panico, invece, non permette alcun tipo di reazione lucida e, quindi, porta sicuramente a incidenti che possono anche essere gravi o fatali per il sub.
Perciò si potrebbe anche cambiare la domanda fatta all’inizio di queste mie riflessioni e domandarsi: "Quando m'immergo a che livello è la mia paura?"

Proviamo adesso ad ipotizzare una scala basata su 5 livelli di paura:

Livello 0. Non ho nessuna paura e faccio di tutto con naturalezza, senza neppure pensarci.

Livello 1. Ho un leggero timore che mi porta ad avere rispetto dell’ambiente sommerso.

Livello 2. Ho timore e di conseguenza limito le mie azioni ben al di sopra dei livelli massimi di sicurezza, ma mi controllo bene.

Livello 3. Ho paura e faccio fatica a ragionare lucidamente, ma, se non succede alcun inconveniente od imprevisto, riesco a portare a termine le azioni imparate. Se però dovesse accadere un imprevisto, non so come finirebbe.

Livello 4. Ho il terrore di immergermi e non lo faccio neppure se mi obbligano.

E' abbastanza evidente che dovrebbero immergersi tranquillamente soltanto le persone che hanno un "livello 1" di paura. Chi invece ha un "livello 0" dovrebbe farsi una seria analisi di coscienza e capire che in fondo in tutte le attività c’è sempre un po' di pericolo e che rischia di farsi del male per la sua incoscienza. Chi si trova al "livello 2" dovrebbe continuare a frequentare corsi sub e soprattutto fare immersioni gradualmente più complesse, fino a quando non avrà acquisito più sicurezza in se stesso. Chi si trova al "livello 3" è un soggetto troppo imprevedibile e bisogna vedere se tende di più verso il livello 4 o il 2, perché potrebbe essere molto pericoloso per sé e gli altri. Chi si trova al "livello 4", beh… perché forzarlo ad immergersi?
Questa scala contiene soltanto degli esempi di "livelli di paura", ma ovviamente possono esserci molti altri livelli, anche soggettivi, di "paura"; inoltre, per ciascuno dei vari livelli ci può essere una risposta, che, il più delle volte, è anch'essa soggettiva.

Per andare ancora più a fondo della questione, bisognerebbe anche distinguere tra le paure innate e le paure acquisite. Semplificando al massimo si può affermare che le prime possono sfociare più naturalmente nel panico e sono difficili da rimuovere, mentre le seconde possono anche scomparire con il succedersi di esperienze positive.

Probabilmente, come ha detto un mio amico, "Dovremmo fare due tipi d’immersione: quelle in acqua e quelle dentro noi stessi..." Le seconde immersioni sono certamente più importanti delle prime. Infatti laggiù, dentro i recessi oscuri di noi stessi, ha origine tutto il nostro malessere, le nostre malattie e la paura, che, quando evoca i "mostri" dell'infanzia diventa addirittura panico. Io credo che più parliamo delle nostre paure, più le affrontiamo, più le conosciamo e più sapremo dominarle...