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Ott

4

2019

Cernia tropicale ripresa in video a Linosa

Le riprese di un sub all’interno di una tana dove una Cephalopholis taeniops nuotava tranquilla sembrano confermare la presenza non più occasionale di questo pesce nel Mediterraneo

Per un sub che esplora i fondali mediterranei ed italiani, parrebbe un miraggio incontrare una cernia rossa dai pallini blu, visione tipicamente riservata a chi effettua immersioni in acque tropicali. La sorpresa, invece, nei giorni scorsi si è materializzata davanti agli occhi di Rocco Canella, sub del Pelagos 2.0 Diving Center di Lampedusa, mentre effettuava un’immersione a Linosa, sui noti fondali della “Secchitella”.

A una profondità di 21 metri, all’interno di una tana, stava nuotando tranquilla una cernia atlantica africana della specie Cephalopholis taeniops. Quando le luci artificiali dei sub hanno esaltato i colori accesi e permesso di individuare la cernia tropicale, la specie “aliena” è stata subito immortalata con alcune foto ed un breve video, prima che un imprevisto all’attrezzatura di ripresa impedisse di registrare altro prezioso materiale digitale.


L’esemplare era lungo circa 30 centimetri, dimensioni nella media per un serranide che di solito non supera i 40 centimetri e può arrivare al massimo a 70.

I fondali in cui abitualmente nuota (sabbiosi e rocciosi, fino a 200 metri di profondità), sono quelli della costa africana dall’Angola fino al Marocco, ma recentemente è stata segnalata anche in Brasile. L’ipotesi più accreditata per giustificare la presenza nel Mediterraneo, è l’ingresso dallo stretto di Gibilterra, piuttosto che un’introduzione “forzata” dalla mano umana. Lo si deduce analizzando i dati provenienti da pubblicazioni scientifiche e dal sempre più prezioso contributo fornito dalla citizen science e dai canali web.

A quanto pare, la specie non è una comparsa, ma si sta diffondendo rapidamente nel Mediterraneo. Dopo i primi avvistamenti nelle acque libiche nel 2002 e nel 2004, la cernia atlantica africana è stata rinvenuta a Lampedusa e nelle coste israeliane nel 2009, a Malta (dal 2008 al 2016), nelle acque turche dell’Egeo nel 2015, di fronte alla spagnola Almeria nel 2018 e pochi giorni fa a Linosa. A questi avvistamenti ufficiali, si accompagnano varie segnalazioni dei sub non confermate dall’evidenza scientifica.

L’esatta individuazione non è semplice, poiché se non illuminata dai flash, questa cernia in profondità assume una colorazione scura e può trarre in inganno anche l’occhio più attento. L’hot spot mediterraneo del genere Cephalopholis pare essere Malta, in quanto nel 2009 e nel 2016, ci sono stati anche due avvistamenti sporadici delle specie tropicali Hemistiktos (cernia pinna gialla) e Nigri (nota a livello internazionale come “Niger hind”). Probabili immissioni umane, magari a seguito di appassionati di acquariologia.

Secondo alcuni studi sulle cernie nostrane, nel Mediterraneo sarebbero presenti 6 specie native (tra cui la ben nota cernia bruna Epinephelus marginatus) e 9 esotiche, di cui 6 indopacifiche e 3 atlantiche. L’avvistamento delle cernia atlantica africana nel Mar Egeo, rappresentando il suo limite settentrionale, conferma il trend di avanzamento verso nord delle specie termofile, che stanno colonizzando il Mediterraneo. Un fenomeno in aumento che comprende, oltre ai pesci, anche macroalghe, plancton e invertebrati e che segnala, con una certa evidenza, i cambiamenti climatici in corso e l’aumento medio della temperature delle acque, elementi in grado di fornire nuove nicchie ecologiche alle cosiddette specie alloctone, ovvero provenienti da altri mari.

Per gli studiosi di queste migrazioni imprevedibili e dalle conseguenze ambientali incerte, proprio il canale di Sicilia rappresenta un “crocevia biogeografico” di specie esotiche, la cui numerosità si è molto accentuata nelle ultime due decadi. In sostanza, l’area in cui si trovano le Pelagie e l’Arcipelago maltese, si sta caratterizzano per essere frequentata da esemplari provenienti sia dal canale di Suez (migrazione “lessepsiana”, dalla regione indo-pacifica) che dallo stretto di Gibilterra (migrazione dalla regione atlantica).

Vedi il video

Fonte: articolo di Simone Repetto, National Geographic

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